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Interviste - Commissariato Italiano Esposizione Universale di Shanghai 2010

Aldo Bonomi
Aldo Bonomi

“Un parco a tema high-touch per rappresentare la dolce potenza dell’Italia”. L’intervento di Aldo Bonomi, Sociologo e Direttore dell'istituto di ricerca AASTER.
 

Sin dalla loro nascita, le Esposizioni Universali sono state lo specchio della visione di progresso del sistema economico mondiale. In origine, tale obiettivo veniva esplicitato attraverso rappresentazioni tese a celebrare la capacità dell’ingegno umano nel superare ogni vincolo che la natura gli poneva di fronte. In questo senso, la minaccia nucleare rappresenta un ideale spartiacque, laddove il genio umano arriva ad essere potenzialmente in grado di distruggere il mondo premendo un tasto. Da quel momento le esposizioni cominciano a rappresentare una nuova visione del futuro che esalta il concetto di limite, inteso come la barriera che protegge l’armonia dal caos. Tutto questo assume ulteriori significati oggi, allorché stiamo vivendo una crisi finanziaria ed economica le cui cause vanno ricercate proprio nell’illusione della crescita senza limiti, dell’inclusione sociale per tutti attraverso il consumo e l’investimento a debito, e nell’altrettanto vana illusione di aver scoperto la moderna pietra filosofale – i derivati - che genera denaro dal denaro.

Oggi più che mai, quindi, è forte l’esigenza di individuare percorsi di sviluppo che sussumano al loro interno la logica del “limite”. Che non vuol dire regressione e declinismo, come presuppongono i fautori della teoria della decrescita secondo cui “nulla sarà più come prima”. Al contrario, vuol dire ricercare nuovi germogli di fiducia in un futuro non più dominato da logiche di puro individualismo proprietario, ma che sappia dare il giusto peso al valore di legame. Sappia cioè immaginare la comunità che viene, le sue better cities e la sua better life in rapporto con il territorio e con il mondo.

Credo che nel rappresentare l’Italia all’Expo 2010 di Shanghai, possiamo provare a rispondere a questa domanda. Contrapponendo alla freddezza high-tech, una via hi-touch al vivere e al produrre. Farebbe sorridere, del resto, se noi nel luogo ove la modernità che avanza è parco a tema - Shanghai con i suoi grattacieli e le sue luci e le sue architetture – si pensasse di sfidare con la potenza della tecnica degli effetti dati dal gigantismo incorporati nella rappresentazione la potenza di quel parco a tema.

In quella che si annuncia come la più grande esposizione universale della storia, noi dobbiamo rappresentare la dolcezza che si fa potenza. Nel generare better life, ad esempio, rafforzando l’immagine dell’Italia come Paese in grado di esportare qualità della vita, intesa non solo come lusso, bensì nell’accezione più ampia del termine. Una capacità, questa che si pone in alternativa all’idea di benessere agganciata alla mera dimensione del lavoro e del reddito, ma che indaga anche la dimensione del senso. Una ricerca di senso che avviene – attraverso una sorta di lunga deriva dell’umanesimo - usando la ragione, l'esperienza e i valori umani condivisi, dal valore della famiglia, ad esempio, alla qualità delle relazioni interpersonali, sino alla capacità di produrre benessere e stile. O ancora, nel mettere al centro del dibattito su quale siano le better city, raccontando sistemi territoriali capaci di accompagnare la memoria nel futuro, attraverso un continuo e spontaneo processo di stratificazione delle esperienze e delle conoscenze che affonda le sue radici nelle lunghe derive della Storia. Questo laddove lato ci sono importanti istituti di ricerca mondiali che – in una logica di “crescita senza limiti” - suggeriscono al Governo cinese la creazione di quindici supercittà, con una popolazione media di venticinque milioni di persone, oppure lo sviluppo di undici raggruppamenti urbani con oltre sessanta milioni di persone.

Ritengo importante, infine, che queste idee siano declinate attraverso una rappresentazione del sistema paese improntata ad una logica Lo-Bal, che dia cioè visibilità a tutte quelle fenomenologie del locale (produttive, sociali, culturali) che testimoniano della nostra capacità di agganciare la tradizione dei luoghi alla simultaneità dei flussi globali. Concettualizzare questi messaggi in una forma fruibile dal grande pubblico non è impresa facile, specie se si intende evitare lo scivolamento nei classici stereotipi dell’Italia e contemporaneamente dar vita ad una rappresentazione capace di coinvolgere emotivamente il visitatore. Da questo punto di vista il valore aggiunto delle modalità di rappresentazione dei contenuti risiederà nel bilanciamento tra spettacolarizzazione, uso di linguaggi universali e possibilità di compiere un’esperienza coinvolgente sul significato del “vivere all’italiana”. Un parco a tema più high-touch che high-tech, quindi, ma forte di un modello che seppure dolce sa farsi potenza. Questo, secondo me, è il messaggio da rappresentare.
 

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